Presentato in Italia il 23 settembre in occasione della diciannovesima edizione della Festa del cinema di Roma, “Flow”, il nuovo film di Gints Zilbalodis, animatore celebre online per i suoi suggestivi corti e mediometraggi, è un film d’animazione indipendente molto particolare che rischiava di non arrivare mai dalle nostre parti. Nessun dialogo e nessun personaggio umano; solo un gatto protagonista che, insieme ad un capibara, un lemure ed un airone, tenta di sfuggire ad un’alluvione di proporzioni bibliche che sta sommergendo tutto il mondo.

Vista la natura minimalista della premessa, svelare di più della storia non solo sarebbe un torto nei confronti dello spirito d’avventura che si respira fin dall’inizio, ma anche perché la più grande gioia nel vedere “Flow” è scoprire il suo mondo in tempo reale e lasciare che le azioni dei personaggi parlino da sole.

Quasi completamente privi di qualsiasi forma di antropomorfizzazione, gli animali presenti in Flow sono costretti ad imparare a lavorare in squadra nonostante la barriera linguistica. Il mondo in cui è ambientata la storia è etereo e di non facile catalogazione; molta della sua storia, con i personaggi attraversano le magniloquenti architetture appartenute a chissà quale civiltà scomparsa, viene raccontata tanto dai gesti quantodalla musica, dalla palette cromatica e da suoni ambientali come il suono del vento che scosta le foglie o lo sciabordio delle onde che colpiscono la piccola imbarcazione su cui trovano rifugio gli animali.

Non viene mai detto che cosa abbia causato l’alluvione o quale sia la natura delle misteriose rovine che costellano queste terre, ma ci sono abbastanza indizi da stuzzicare la fantasia. In questo senso,“Flow” è davvero degno di nota, perché riesce ad essere un’esperienza con elementi riconoscibili quel tanto che basta adare un minimo senso di realtà allo spettatore, ma resta costantemente inafferrabile e sognante, quasi effimero. 

Il film trova molte più similitudini al mondo dei videogiochi rispetto a quello cinematografico; si avvicina moltissimo alla poesia minimalista di videogiochi come i lavori di Fumito Ueda, il creatore di “ICO” o “Shadow of The Colossus”, o a “Journey” di Thatgamecompany per il sottotesto riguardo la natura ciclica di morte e rinascita, con un pizzico di “Stray” di Annapurna Interactive, visto il protagonista felino.

Se il lato estetico mostra il limite del budget e può lasciare interdetti e stranire per la sua somiglianza più alla grafica di un gioco indie che ad un film, Flow ha comunque una sua ricercatezza tecnica e lo si vede, ad esempio, nei movimenti di macchina che emulano le cineprese reali, una cosa estremamente difficile da fare in animazione perché richiede di muovere manualmente i singoli punti di ancoraggio e tracking del singolo fotogramma. Già solo questa è una testimonianza tangibiledell’amore del regista per la sua creazione.

“Se riuscite a comprendere questo film, allora mi sentirò un po’ più compreso anche io” così, parafrasando, si è espresso Zilbalodis all’anteprima. Senza la presunzione di dire di aver “capito” Flow, possiamo dire che è un film con un cuore smisurato, assolutamente unico nel mondo dei film animati contemporanei. Il budget risicato a volte si percepisce, e non sempre riesce a tenere viva l’attenzione, anche nella sua breve durata, ma è un film speciale, sicuramente uno dei migliori film animati di quest’anno particolarmente denso e agguerrito, come una piccola barca in mezzo ad una tempesta.