Dal 23 maggio in sala, l’atteso prequel spin-off diretto da George Miller, Furiosa, con Anya Taylor Joy protagonista assoluta, presentato al Festival di Cannes 2024. Ecco la nostra recensione.

George Miller è senza dubbio uno dei registi più eclettici dell’industria hollywoodiana, e con il suo “Mad Max: Fury Road”, quarto seguito della serie da lui ideata negli anni ’70, ha dimostrato al pubblico cosa vuol dire fare un film d’azione dal grande impatto, come se non fossero passati trent’anni da “Beyond Thunderdrome”. “Fury Road” era un trionfo di scene esaltanti; un film che era un unico grande climax sorretto da un uso fuori dal comune di effetti pratici; la sublimazione di tutto ciò che Miller aveva appreso in quarant’anni di carriera. Un action movie come ne escono uno ogni decade se si è fortunati, apprezzato universalmente sia da critica che da pubblico.

Quasi dieci anni dopo, Miller torna nelle Wasteland raccontando l’origine di uno dei personaggi più iconici dell’ultimo capitolo del filone principale. “Furiosa: a Mad Max saga” è un prequel che vede l’omonima protagonista, interpretata da adulta da Anya Taylor Joy, in un viaggio di vendetta che inizia sin dall’infanzia, fino ad arrivare alle prime battute del capitolo precedente. Il bersaglio è Dementus, interpretato da Chris Hemsworth: un signore della guerra responsabile di aver strappato Furiosa dalla sua oasi natale, il Luogo Verde delle Molte Madri, e di aver giustiziato la madre della ragazza davanti ai suoi occhi.

Nei cinque capitoli che compongono la storia, si corre meno che in passato, ma si da più respiro al racconto e si elaborano le dinamiche di un mondo apocalittico tanto divertente da guardare per lo spettatore quanto terribile per i personaggi che devono barcamenarcisi. I richiami a Fury Road sono tutt’altro che velati; antagonisti e personaggi già incontrati in passato qui hanno un ruolo centrale e vengono fatti riferimenti molto espliciti agli eventi del capitolo principale, senza però mantenere il piede sull’acceleratore con la stessa carica creativa e la stessa energia.

Miller mette un entusiasmo contagioso nel suo modo di dirigere: fa brillare le immagini di dettagli, è in grado di caratterizzare un personaggio anche solo dal modo in cui cammina o dal suo vestiario, e quest’abilità emerge con prepotenza ogni volta che in “Furiosa: a Mad Max saga” c’è una scena d’azione. I movimenti di macchina sono precisi e valorizzano le azioni enfatizzate dei personaggi, siano anche azioni molto semplici come far partire una moto o ricaricare un fucile. C’è una caotica consapevolezza che esplode nei momenti più concitati, dove gli impatti delle esplosioni e dei colpi sono davvero palpabili. Dove però “Mad Max: Fury Road” dava nuova linfa ad una mitologia radicata negli anni ottanta con una nuova dirompente identità, perfetta per il cinema contemporaneo, questo prequel dedicato a Furiosa è “solo” una ripresa eccellente di tutto ciò che era stato già fatto di buono con Fury Road. Ad esempio, le wasteland hanno più dimensione, ma l’impatto scenico è parzialmente compromesso anche solo per un uso più accentuato ed individuabile della CGI.Per quanto possa essere un peccato, già questo eleva il film dalla stragrande maggioranza di colossal usciti negli ultimi anni.

Se “Fury Road” era un tour de force concentrato, Furiosa riesce comunque a dire qualcosa anche riguardo alle relazioni interpersonali dei personaggi che abitano questo folle apocalisse, dove il fulcro ètra Furiosa e l’antagonista ricorrente. C’era il rischio che il Dementus di Hemsworth fosse un altro Immortan Joe, piuttosto che l’edonista convinto e un po’ babbeo che poi si rivela nel corso della storia. È quando i due si trovano finalmente faccia a faccia, e Furiosa consuma la sua inevitabile vendetta, che ci si accorge di quanto entrambi non siano altro che prodotti di un mondo irrimediabilmente danneggiato. C’è della profondità insperata che, anche se non necessaria, non va a togliere valore a ciò che è venuto prima, ma lo esalta. 

“Furiosa: a Mad Max Saga” fa risplendere ulteriormente il film precedente e riesce ad avere una propria identità. è un “Blockbuster d’autore” spettacolare che merita assolutamente di essere visto in sala come lo fu Fury Road nel 2015.

 

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