‘Briganti: La ricerca dell’oro’ è una serie assolutamente da vedere a prescindere da chi la considera “la vera storia sull’unità d’Italia” o da chi la vede come una “rivisitazione”.
Immaginiamo un campo di calcio con le due curve contrapposte e pensiamo queste due ultime stracolme entrambe di ultras esasperati dell’una e dell’altra squadra in campo: striscioni, cori, bandiere, insulti.
Insomma, tutto quello che caratterizza una “normale” partita di calcio.
Solo che questa non è una partita “normale”: stavolta si fronteggiano due squadre irriducibilmente ostili e tra loro inconciliabili: da una parte la “Garibaldina” e dall’altra la “Pro Borbonica”; in palio il primato sulla verità storica sul difficile nascere della Nuova Italia.
Che questa serie avrebbe diviso soprattutto gli storici in due fazioni questo lo immaginavamo dal giorno in cui fu annunciata ma noi cinefili, anche se incuriositi dal fatto che sono stati rappresentati personaggi realmente esistiti, ci limiteremo a recensirla per quello che è, una fiction, poi che racconti i fatti come sono realmente accaduti o meno l’importante è che se ne parli, che accenda pure una discussione, l’importante è che se ne parli con toni pacati e civili.
Premesso questo veniamo alla recensione:
Interpretazioni convincenti e dinamiche d’insieme
Michela De Rossi è un’ipnotica Filomena in “Briganti: La ricerca dell’oro”. La sua interpretazione è coraggiosa e sottile, e dà abilmente vita alle complessità del suo personaggio. La capacità della De Rossi di passare con disinvoltura dai momenti drammatici a quelli più pacati mette in luce la sua versatilità come interprete.
L’interpretazione di De Rossi è meravigliosamente valorizzata da quella di Matilda Lutz, che interpreta Michelina De Cesare.
Le due attrici portano avanti lo spettacolo insieme, senza soluzione di continuità e in modo profondo. Ivana Lotito e Gianmarco Vettori recitano entrambi brillantemente nelle loro parti, dando al cast d’insieme maggiori sfumature e profondità.
Nel complesso, le interpretazioni valorizzano la serie, rendendola un’esperienza di visione accattivante e indimenticabile.
Briganti utilizza uno stile narrativo moderno, ma eccelle per la sua autenticità.
Bilanciando attentamente l’autenticità storica con la sensibilità contemporanea, gli autori permettono agli spettatori di immergersi completamente nell’Italia del XIX secolo e di entrare in contatto con i personaggi a livello personale.
Scenografie e design della produzione ben fatti
Il design della produzione della serie è eccellente e dimostra creatività e attenzione meticolosa ai dettagli, anche se manca la portata sontuosa di alcuni drammi storici.
L’anima della campagna italiana è catturata dalla suggestiva fotografia di Benjamin Maier, che amplifica lo spettacolo visivo e conferisce profondità ed emozione a ogni scena.
Briganti ha molto da offrire, ma verso la fine vacilla, il che sminuisce una storia altrimenti eccellente.
Lo show, lodato per le sue narrazioni avvincenti e per il profondo sviluppo dei personaggi, vacilla nelle scene finali.
La risoluzione non riesce a dare agli spettatori la chiusura di cui hanno disperatamente bisogno, poiché è presentata frettolosamente e manca della profondità emotiva degli episodi precedenti.
La ricchezza e la profondità del viaggio di Filomena hanno affascinato il pubblico, ma si è concluso in modo brusco e veloce, privando la storia del suo pieno effetto.
Gli spettatori rimangono con un senso di desiderio mentre scorrono i titoli di coda, sperando in una risoluzione più soddisfacente che renda omaggio al ricco arazzo di storie che sono state tessute nel corso della serie in un modo davvero bello e approfondito.
Proprio per questo, sebbene il finale possa essere un po’ affrettato, la narrazione complessiva e lo spettacolo visivo creano un’esperienza di visione indimenticabile immergendo il pubblico in un mondo definito dallo spirito indomito dell’animo umano, Briganti vale assolutamente la pena di essere vista anche perché il mio è solo un parere personale ma magari a voi potrebbe entusiasmare anche il finale… che sia chiaro non è brutto, anzi, è un finale che nessuno si aspetta.