Il folle sogno proibito di Francis Ford Coppola arriva al cinema
Megalopolis, il nuovo film di Francis Ford Coppola in uscita il 16 ottobre, è un film difficile da assorbire, figuratevi da recensire. Il “passion project” del leggendario regista de Il Padrino ed Apocalypse Now è stato in sviluppo per quasi quarant’anni. Scritto; riscritto; ri-riscritto fino allo sfinimento e infine autoprodotto e distribuito solo dopo l’ultimo festival di Cannes. Una filiera possibile solo grazie allo status illustre (e più che giustificato) del regista, che come il protagonista della sua storia, Cesare Catilina (sì, questo è il suo nome vero), viene soffocato dal peso titanico della sua stessa creazione: il risultato è un’esperienza tanto totalizzante quanto delirante.
Cesare Catilina (Adam Driver), è un brillante architetto di Nuova Roma (la New York di un ipotetico prossimo futuro) con la peculiare capacità di poter fermare il tempo. Il suo progetto più ambizioso è il Megalopolis: una città del futuro costruita con il Megalon, un materiale scoperto proprio dallo stesso Catilina, dove poter creare una perfetta utopia basata sugli usi e costumi della società della Roma antica e scevra dalla corruzione dilagante. Ad ostacolare questa visione eccentrica ci sono il sindaco FranklynCicero (Giancarlo Esposito), che mira ad un controllo più immediato e frivolo delle masse tramite mezzi come un gigantesco casinò, e la giornalista Wow Platinum (Aubrey Plaza), ex di Catilina che ora cospira per la distruzione dell’architetto.
Per quanto possa sembrare una premessa abbastanza lineare, la narrazione prende presto delle pieghe bizzarre.
Che sia voluto o no, Megalopolis sembra un film con all’interno tre film differenti, a loro volta interpretati dagli attori con registri totalmente diversi. C’è dentro di tutto in Megalopolis: la teoria delle stringhe, citazioni a Shakespeare e Marco Aurelio, Catilina che viene apostrofato da Cicerone, sezioni di montaggio che appartengono più alla pop-art che al cinema o suggestivi sogni premonitori realizzati con una CGI discutibile.
Nel suo linguaggio, il film è molto meno la favola contemporaneache il regista voleva creare e molto più una versione più sfarzosa e patinata di film come Southland Tales di Richard Kelly, ammirevoli per l’audacia ma dove la consecutio degli eventi appare talvolta al limite del casuale. Il tutto culmina in un finaleche però risulta antiquato nelle intenzioni, che chiude il cerchio con una parabola ottimista ma ingenua, smorzata dall’eccessiva complicatezza ed esuberanza fine a sé stessa della storia.
Megalopolis è un film che vorrebbe parlare al pubblico ma ha difficoltà a riuscirci, sia per l’incomprensibilità della messa in scena che per il palpabile sottotesto pacchiano. Più che di “Megalopolis” qui si parla di “Megalomanics”, perché senza un freno inibitore alla sua verve artistica, Coppola è in grado di ricreare sequenze suggestive come pochi altri registi sanno fare,incorniciate da scenografie prestigiose ed una fotografia il più delle volte incantevole, per poi darsi la zappa sui piedi da solo (spesso inconsapevolmente) indulgendo sulle proprie cadute di stile.
Megalopolis è un film destinato a dividere tutti. Non c’è una via di mezzo, o lo si amerà o lo si odierà.
Lo dimostra l’estrema polarizzazione delle opinioni già comparse in rete dalla sua presentazione al festival di Cannes fino ad arrivare ad oggi, che continueranno ad aumentare a dismisura e a ramificarsi non solo nelle settimane, ma negli anni a venire. È un film ostico, spesso inafferrabile, non tanto nelle tematiche quanto nelle scelte che riguardano la messa in scena. È bulimico e, volendo, anche borioso, ma resta un film affascinante e autentico: nel tempo diverrà con molta probabilità un cult, e metterà tutti d’accordo solo su una cosa: va visto almeno una volta, anche con tutti i suoi problemi.