La vertiginosa genialità di Gene Wilder è sostenuta da un cast di supporto straordinario e solo poche gag si afflosciano, mentre il film viene riproposto al cinema per il suo 50° anniversario.
La commedia in bianco e nero diMel Brooks, oltraggiosamente ampia e delirantemente sciocca, scritta insieme alla sua nevrotica star Gene Wilder, viene riproposta per il suo 50° anniversario. Il loro film del 1974, osservato con amore, è più vicino nel tempo al classico di James Whale/Boris Karloff del 1931 – di cui Brooks riutilizzò gli oggetti di scena per il laboratorio – di quanto non lo sia questo film.
Per certi versi può essere considerato non una satira o una parodia, ma una continuazione del genere Frankenstein, un’evoluzione o una variazione tematica non così lontana dai film della Hammer o di Warhol, e molto più riuscita e intuitiva del trattamento mortalmente serio e mortalmente noioso di Kenneth Branagh del 1994 con Robert De Niro nel ruolo della creatura.
È interessante notare che, sebbene Wilder abbia detto che Il giovane Frankenstein è basato sul classico di Karloff e sui suoi tre sequel, i titoli di testa dichiarano clamorosamente che è basato sul romanzo di Mary Shelley. Una battuta ironica, ovviamente, ma a suo modo vera.
L’azione inizia ai giorni nostri, dove Wilder interpreta il dottor Frederick Frankenstein, un illustre neurofisiologo, profondamente imbarazzato dalle folli teorie di suo nonno Victor Frankenstein, tanto da insistere nel pronunciare il proprio nome “Fronk-en-steen” per distinguersi dal suo malvagio antenato.
Ma poi riceve un plico legale contenente documenti che gli conferiscono il titolo di Castello Frankenstein in Transilvania (evidentemente una zona di lingua tedesca dell’Ungheria). Dopo aver dato l’addio alla sua seducente ma avversa fidanzata Elizabeth (una Madeline Kahn meravigliosamente spiritosa), Frederick arriva nel cuore della Vecchia Europa, in treno da New York, per essere accolto alla stazione da Igor (pronunciato “Eye-gor”), il nipote del vecchio servo di suo nonno, interpretato da Marty Feldman, in modalità Groucho Marx. È presente anche Inga (Teri Garr), che sarà la sua assistente.
Al suo arrivo, Frederick è sconcertato dalla sinistra governante Frau Blücher (Cloris Leachman), ma sopraffatto dal senso di un destino ineluttabile, e si mette a creare il grande uomo-mostro, risorto dalla morte. Peter Boyle lo interpreta come aggressivo e minaccioso, ma dotato di un lato sensibile e vulnerabile.
Frederick scopre che suonando una dolce melodia al violino può calmare la creatura, che entra in uno stato di trance infantile, con gli occhi spalancati, e si muove come se stesse catturando lucciole immaginarie; è un momento molto divertente.
C’è un sacco di materiale davvero geniale, su tutto i cavalli che nitriscono ogni volta che viene nominata Frau Blücher, o la gag sul cervello “A -B… qualcosa” trapiantato sulla creatura, o la battuta in cui Inga fraintende in modo simulato Frederick che esclama dei “grandi bussatori” sulla porta del castello di Frankenstein fino alla scena in cui Marty Feldman (davvero gigantesco in questa pellicola) prende a morsi il girocollo di pelliccia di Volpe della fidanzata di Victor al suo arrivo al castello.
Senza dimenticare Il balletto “Puttin’ on the Ritz” di Frankenstein e della creatura in cravatta e frac, la scena della “creazione” durante il temporale e l’incredibile cameo di Gene Hackman nel ruolo dell’eremita cieco che dà rifugio alla creatura in fuga.
Ma lo stesso Wilder è sempre superbo: i capelli crespi che alludono ai desideri romantici di Frederick, l’isteria e il panico degli occhi pop che non sono mai lontani dalla superficie e la voce che, sotto pressione, si alza fino a diventare un grido stridulo. Forse non è all’altezza della sua interpretazione in The Producers ( altro grande film eternamente attuale di Brooks), ma questa è la regina della commedia, a mio modesto parere un capolavoro comico.
‘Frankenstein Junior’ tornerà nelle sale di tutta Italia il 29 e 30 di Ottobre.