Babygirl, Nicole Kidman tra sesso e potere. La recensione del film in gara a Venezia 2024

Il primo piano di un orgasmo che poco dopo scopriremo essere finto, la corsa in salotto per arrivare da sola a ciò che con il marito non è riuscita a raggiungere.

La vita di Romy sembra perfetta se vista dall’esterno: classe benestante, una posizione di rilievo, un marito che la venera e due figlie bellissime. Ma la donna nasconde un segreto inconfessabile al partner, fatto di fantasie sessuali irrealizzate, vergogna e frustrazione. Un matrimonio dovrebbe costruirsi sulla fiducia reciproca, sul dialogo e la comprensione… perché Romy, allora, non riesce a comunicare con Jacob (qui interpretato da un Antonio Banderas credibilissimo nel ruolo di “uomo qualsiasi”) e a farsi ascoltare? Quanto è comune, in realtà, questa situazione?

L’incontro con un giovane stagista (un tamarrissimo Harris Dickinson) si rivelerà illuminante e darà il via a un climax di tensioni erotiche e non, diviso tra allusioni e momenti che all’immaginazione lasciano ben poco. Romy si riaccende e con lei anche la possibilità di poter avere un rapporto completo a due. Una relazione clandestina destinata a bruciare, che si nutre di incontri occasionali e perversioni.

Babygirl non è un film perfetto ma è un film necessario, con un’idea di base sicuramente più forte della sceneggiatura. La necessità è quella di dare spazio a tutte quelle sessualità al limite, tenute per molto tempo lontane dal grande schermo ma estremamente reali e diffuse.

Altro punto di forza è l’interpretazione di Nicole Kidman, icona dall’indubbio coraggio che trova una nuova occasione per dimostrare qualcosa al pubblico. Si spoglia, geme, si presta ad essere un giocattolo sessuale per le figure maschili della sua vita ma lo fa con consapevolezza e reciproco piacere. Romy e Nicole si mescolano fino a diventare la stessa persona: eteree e fragili, sembrano spezzarsi nella loro incredibile magrezza, acciecano lo spettatore con quegli occhi azzurro ghiaccio, tentano di coprirsi in una scena di nudo (quasi) integrale. Quanto c’è di una e quanto c’è dell’altra?

Questa però non è la prima volta in cui vediamo una Kidman libera e disinibita ed il film infatti ricorda moltissimo due altri ruoli, uno più recente ed uno indubbiamente famoso: quello di Celeste in Big Little Lies e quello di Alice in Eyes Wide Shut. Entrambi hanno molti temi chiave in comune e uno di questi (il più importante) è proprio quello della sessualità al limite.

Quella ad Eyes Wide Shut sembra essere una citazione esplicita voluta dalla regista, Halina Reijn, citazione che ritroviamo in una scena precisa del film, forse una delle più importanti. Il Natale sta arrivando, le luci dell’albero si confondono nel buio della notte e nell’oscurità del desiderio inespresso. Blu e rosso si mescolano e tutto si fa viola, proprio come piaceva a Kubrick. Romy e Jacob litigano, urlano fino quasi a scoppiare e ci ricordano gli stessi Bill e Alice di 25 anni prima: cadono le maschere. Una delle scene di apertura, diventa la chiusura di un cerchio.

Il film del 1999 termina con un finale iconico: il personaggio di Nicole Kidman incalza quello interpretato da Tom Cruise (all’epoca compagno anche nella vita) con poche parole ma lapidarie:

Alice: Io ti amo e sai, c’è qualcosa di molto importante che noi dobbiamo fare il prima possibile…

Bill: Che cosa?

Alice: Scopare.

Venticinque anni dopo, le conclusioni non sono poi tanto diverse e il terreno comune, alla fine, non può che essere quello della camera da letto.

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