L’epopea romana di Anthony Hopkins su Prime Video è disgustosamente efficace. Questo tentativo di essere Game of Thrones in toghe è tutto all’insegna del brivido a buon mercato. È pieno di gore, gladiatori e visite gratuite ai bordelli.
Le epopee romane fanno salire e scendere due cursori sul loro mixer drammatico: quello che controlla le macchinazioni politiche e quello che dispensa violenza e dissolutezza.
Those About to Die, un grandioso tentativo in 10 parti di rendere l’antica Roma emozionante come le storie fittizie di Game of Thrones, si colloca da qualche parte nel mezzo.
Finisce per essere un’abbuffata abbastanza soddisfacente, non abbastanza rauca da essere un piacere colpevole, ma non abbastanza in controllo dei suoi personaggi da essere seriamente buona.
La Roma del I secolo d.C. è un luogo molto movimentato. Un gruppo di giovani andalusi è arrivato per farsi conoscere come cavalieri, proprio mentre una donna numidica di nome Cala (Sara Martins) è giunta in città per salvare i suoi tre figli dalla schiavitù.
I patrizi tramano contro l’impero, i Giudei tramano tra loro e l’imperatore Vespasiano (Anthony Hopkins), ormai malato, sta scegliendo se affidare il trono al figlio soldato Tito (Tom Hughes) o al figlio politico Domiziano (Jojo Macari).
L’astuto allibratore Tenax (Iwan Rheon), nel frattempo, è alla ricerca di una grande mossa che gli consenta di entrare nell’élite della società.
Lo sport è la principale fonte di intrattenimento della città e dello spettacolo.
Le corse dei carri e le scommesse sulle corse dei carri occupano una quantità sorprendente di tempo sullo schermo.
A qualcuno del team di sceneggiatori piace scommettere sulle bighe: i dettagli autentici relativi alle scommesse includono l’equivalente romano di un costruttore di scommesse, un scommettitore che pensa che una certa squadra andrà meglio se la pioggia notturna renderà la pista più lenta, e la questione se gli allibratori debbano aumentare le loro entrate accettando scommesse.
E se i Romani non scommettono sulle corse dei carri, si divertono con i combattimenti dei gladiatori.
Facciamo il tifo per l’accalappiatore di leoni di Numidia Kwame (Moe Hashim), che un giorno dovrà affrontare il campione, un gigante che uccide chiunque combatta.
Mentre questa impostazione potrebbe essere presa da un film di Sylvester Stallone o Jean-Claude Van Damme degli anni ’80, la lotta per il potere su chi governa Roma è un dramma più augusto.
L’idea centrale è forte: Tito vuole essere un leader onesto, e se lascia che la crudeltà psicopatica, la menzogna patologica e il populismo spudorato del fratello abbiano libero corso, sarà calpestato.
Ucciderlo sarebbe abbassarsi al livello di Domiziano, ma più lascia il fratello libero di agire – questo è un uomo che ruba volentieri l’oro dall’erario per scommettere su una corsa di cavalli fissa – più è difficile da fermare.
Il punto di vista politico è chiaro, proprio come nell’arena delle bighe – un Senato surrogato in cui le squadre di cavalieri sono di proprietà di fazioni rivali dell’élite corrotta.
Ma in pratica, il Tito di Hughes, tranquillamente atterrito, risulta scialbo e inerte, lasciando a Macari la caricatura del ghignante Domiziano, che organizza i giochi e li usa come strumento politico e come sfogo per le sue pulsioni sanguinarie.
Il fatto che un perbenista sia l’unico protagonista gay è un po’ scomodo; quando il razzismo di Domiziano lo porta a orchestrare uno spettacolo grottesco nel Circo Massimo che prevede la cattura, l’incarcerazione, l’umiliazione e l’uccisione di Giudei, è ancora più inquietante.
Those About to Die si basa su grandi oltraggi perché non è molto bravo nei piccoli conflitti.
Ma con così tante storyline in corso, solo la Martins – nei panni della feroce e intraprendente madre Cala, la cui ambizione non è stata soffocata dalla devozione per i suoi figli – sviluppa il suo personaggio a sufficienza perché il suo dialogo sia scoppiettante.
Tutti gli altri si affrettano a mettere in scena minacce basilari e schemi semplici.
Quindi ci restano i brividi più economici. Le pericolose corse delle bighe sono spettacolari – Roland Emmerich dirige diversi episodi – e alcuni combattimenti nell’arena sono disgustosamente efficaci.
E mentre Quelli che stanno per morire non si lascia andare a regolari giri di bordello gratuiti, ci sono segni di uno show che sa come usare la lascivia in modo più astuto: per esempio, una scena esilarante in cui l’ambizioso console Marsus (Rupert Penry-Jones) e la sua moglie, Antonia (Gabriella Pession), che sembra una Lady Macbeth, segnalano che la negoziazione del compenso con un fantino è finita iniziando a fare sesso mentre l’altro uomo è ancora nella stanza.