Finalmente, questa serie abbandona le storie gonfie e maschili delle stagioni precedenti per un gelido caso di omicidio in Alaska, con le brillanti interpretazioni di Foster e Kali Reis.

Per dovere di cronaca: non sono mai stato un fan di True Detective, nemmeno della sua prima e, a detta di molti, migliore stagione.

Era così pieno di recitazione con la A maiuscola e di regia con la D maiuscola.

Quando le due successive iterazioni della serie antologica sono state sopraffatte dalle autoindulgenze che avevano sempre minacciato, mi sono congedato, insieme a molti altri spettatori.

Ora è tornata per una quarta stagione: True Detective: Night Country.

È la prima uscita senza il suo creatore, Nic Pizzolatto, come showrunner o scrittore (anche se rimane come produttore esecutivo).

C’è stato un cambiamento radicale: una brutale e bellissima spogliazione da parte del nuovo scrittore e regista, Issa López.

Al posto del sole cocente sotto il quale i precedenti detective, criminali e vittime hanno faticato, ci troviamo ora nella fittizia città mineraria di Ennis, in Alaska, proprio quando il giorno si trasforma in 60 giorni di notte.

La malvagità è sostituita da un orrore crudo e spoglio mentre si dipana il nuovo mistero.

Si tratta della scomparsa di tutti gli scienziati della vicina stazione di ricerca, senza lasciare alcun indizio, se non una lingua mozzata e le parole “Siamo tutti morti” scarabocchiate su una lavagna, un possibile collegamento con un precedente omicidio irrisolto di una donna nativa Iñupiat e attivista anti-mine, Annie.

A indagare sulla scomparsa degli uomini è la detective Elizabeth Danvers.

È interpretata da Jodie Foster, avvincente e priva di sentimentalismi come il paesaggio ghiacciato in cui Danvers si aggira e una di quelle attrici che, quando la si vede fare il suo lavoro, ci si chiede perché non sia sempre in tutto. Danvers è stata “promossa” in questo avamposto sterile qualche anno fa come, si suggerisce, una punizione a rovescio per il suo atteggiamento.

È una persona che, se fosse un uomo, sarebbe venerata come un lupo solitario dal carattere duro, ma che, in quanto donna, è generalmente considerata un po’ stronza, anche se nessuno osa dirlo ad alta voce. Fortunatamente, ha anche un’età e un temperamento tali da non preoccuparsene.

A collaborare con lei nell’indagine (“Vuoi partecipare?” offre Danvers, con la sua caratteristica brevità, “O vuoi andare a farti fottere?”) è la poliziotta statale Iñupiat Evangeline Navarro, interpretata dall’ex pugile Kali Reis al suo debutto sul piccolo schermo, che dimostra di avere talento e presenza da vendere. Navarro era ossessionata dal caso di Annie e insiste che ci sia un legame tra le due cose.

Ma lei e la Danvers hanno avuto una rottura professionale travagliata, i cui dettagli vengono a galla solo gradualmente, e non si tratta di un rapporto di facile cameratismo.

True Detective ha sempre flirtato con gli elementi soprannaturali e lo fa di nuovo. Ma qui, nella città isolata in una terra ineluttabilmente inquietante che conosce l’oscurità per mesi e mesi, essi non sembrano tanto un vezzo narrativo quanto la spiegazione più probabile di tutto.

Quando carcasse di caribù sventrate sussultano di vita, quando un gruppo di corpi viene ritrovato congelato nel terrore nel mezzo di una landa desolata, ha senso, a un livello viscerale e primordiale, guardare alla fede degli Iñupiat nel mondo degli spiriti, nel confine poroso tra i vivi e i morti, almeno quanto guardare alla polizia. López non esagera, ma lo incorpora quanto basta per attingere alle nostre paure più profonde, mentre Danvers segue i fatti.

Anche le politiche razziali e sessuali si intrecciano al tutto. Gli Iñupiat sono trattati come cittadini di seconda classe. La violenza domestica è diffusa in città.

Danvers viene trattata con il minimo rispetto, il suo titolo di lavoro contrasta appena il suo status di donna anziana e poco femminile.

Ma ci sono problemi più immediati da risolvere. Chi finanzia la stazione di ricerca (che è sul punto di compiere una svolta epocale nella cura del cancro e di altre malattie), a chi appartiene la lingua lasciata sul pavimento, come farà Danvers a impedire che il caso venga preso in carico dai poteri superiori di Anchorage e come si fa a scongelare un enorme gruppo di corpi per preservare le prove lasciate?

Night Country è una brillante inversione di tendenza rispetto alle serie precedenti, pesanti dal punto di vista maschile, oppresse dal caldo e gonfie dal punto di vista narrativo. López ha mantenuto l’essenza anticonformista della serie, ma l’ha resa – con l’aiuto di Foster, Reis e di una serie di altri ottimi attori, tra cui Fiona Shaw e Christopher Eccleston – una cosa propria.

Ha creato un mondo cupo e malinconico di terribili possibilità e ha reso True Detective non solo degno di essere guardato di nuovo, ma più che mai.

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