È un’accoppiata entusiasmante sulla carta: l’attrice incredibilmente affascinante Monica Bellucci che interpreta il soprano incredibilmente affascinante Maria Callas, un caso in cui una diva rende omaggio a un’altra.
La Bellucci appare in tutto e per tutto nella parte, con un elegante abito nero e i capelli tirati all’indietro per il caratteristico look della Callas. L’attrice narra dal libro di lettere e memorie incompiute della cantante lirica, pubblicato postumo, e questo spettacolo unico e personale suscita emozioni – forse inevitabilmente, data la potenza della voce della Callas (che ascoltiamo nelle registrazioni) e la sua vita melodrammatica.
Ma presenta anche eccentricità e note stonate, tra cui l’interpretazione della Bellucci, che parla con un’aria svagata, più da Marilyn Monroe che da Callas, ed è un peccato che la sua voce non riesca sempre a diffondersi nell’auditorium, vista la gamma della Callas.
L’attrice è adagiata su un divano color crema, illuminato a giorno su un palcoscenico buio con proiezioni luminose di scritti della Callas sullo schermo posteriore e cumuli di rose sparsi ai suoi piedi. La scenografia emana un romanticismo sdolcinato: manca solo un uomo in smoking con una rosa tra i denti.
Un grammofono accanto al divano riproduce musica nelle pause tra la narrazione della Bellucci ed è commovente ascoltare la gloriosa voce della Callas in brani tratti da Madama Butterfly, La Traviata, Medea, Norma e Macbeth. Questo grammofono, illuminato a intermittenza, diventa quasi il secondo personaggio più forte ed espressivo della produzione.
Il fatto che non siano indicati i titoli dei brani musicali è fonte di confusione e ci sono altre mancanze più gravi nell’inquadratura dello spettacolo. Sotto la direzione di Tom Volf, lo schermo posteriore mostra i nomi delle persone a cui la Callas scrive e le date (anche se dal mio posto in platea non potevo vedere lo schermo intero). Si va dal suo padrino, Leonidas Lantzounis, a Grace Kelly e a vari cantanti e musicisti. Non ci viene dato altro che il loro nome, per quanto poco conosciuto possa essere. Non capiamo nemmeno il significato di alcune lettere: scrive a Pier Paolo Pasolini di un fatto accaduto che non viene spiegato. Chiede al soprano spagnolo Elvira de Hidalgo se può indossare i suoi gioielli in scena, ma non sappiamo se il sottotesto è che vuole onorare la De Hidalgo o prendere simbolicamente la sua corona.
Poiché non viene offerto un contesto più ampio, facciamo fatica a unire i puntini narrativi e a distinguere i fatti dalle tensioni dell’auto-mitologizzazione. Diventa difficile capire se la produzione si rivolge agli aficionados dell’opera (data la mancanza di indicazioni di base) o agli iniziati (data la sua brevità).
Dura 75 minuti e tocca solo i grandi eventi della complicata vita della Callas, dalla madre difficile al matrimonio fallito con Giovanni Battista Meneghini e ai problemi con la voce.